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Whitney Biennale 2017: uno sguardo irrinunciabile sullo stato dell’arte e della società americana

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Aprile 17 2017

In primo piano i cubi in vetro rosso di “Pacific Red II

Sicuramente nel vostro prossimo viaggio a New York sarà una delle zone che amerete maggiormente e di cui sentirete anche maggiormente la mancanza, nei periodi in cui non avrete l’occasione di tornarci. In questa area gira tutto o quasi attorno all’High Line Park, lo splendido parco sopraelevato inaugurato nel 2009. Potreste iniziare la vostra passeggiata attorno alla 28esima strada (tra la nona e la decima Avenue) ammirando gradualmente i building audaci della Chelsea Art District e le sue decine e decine di gallerie d’arte.

Una volta passati sotto il leggendario The Standard Hotel, inizierete a intravedere le forme del Whitney Museum of American Art, un museo d’arte statunitense fondato nel 1931 dalla scultrice Gertrude Vanderbilt Whitney, in seguito all’esperienza del Whitney Studio: uno spazio espositivo e circolo sociale per giovani artisti creato nel 1908. La location naturale dei Whitney è stata per diverse decadi quella dell’Upper East Side, ovvero nelle immediate adiacenze di altri musei “mito” come il Metropolitan o il Guggenheim.

Da quando però il Whitney ha trovato la sua nuova sede nel quartiere di Meatpacking  – progettata dall’architetto genovese Renzo Piano e inaugurata il primo maggio 2015 – è divenuto il museo più in voga dell’intera New York City, richiamando centinaia di visitatori ogni giorno.

Whitney Museum of American Art. Foto di Ed Lederman © 2016.

In questo periodo è possibile ammirare anche alcune opere degli amatissimi Keith Haring e Jean-Michel Basquiat, ma le maggiori attenzioni dei prossimi mesi (precisamente fino al prossimo 11 giugno) saranno dedicate alla Withney Biennial 2017, una delle mostre di arte contemporanea più attese a livello mondiale, sorta nel 1932 come evento annuale e divenuta poi biennale nel 1973.

È sicuramente una delle occasioni imprescindibili dell’anno per comprendere al meglio lo stato dell’arte americana contemporanea. E scoprire opera dopo opera quali siano state le sue maggiori influenze e innovazioni, artistiche e non solo, in un momento storico caratterizzato da grandi confronti e discussioni sociali. L’edizione di quest’anno è come detto la prima ad andare in scena nel cuore di Meatpacking ma anche la prima, nell’”epoca Trump”, ad essere diretta da due curatori non bianchi: Mia Locks di 34 anni e Christopher Lew, 36 anni. 

I curatori Mia Locks e Christopher Lew. Foto di Scott Rudd © 2016

Sono 63 gli artisti chiamati a raccontare gli Stati Uniti di oggi, con lavori dai linguaggi artistici differenti: pittura, fotografia, scultura e installazioni, ma anche musica e realtà virtuale. Per scoprire il cuore della 78esima edizione della Whitney Biennial dovrete dirigervi al quinto e sesto piano del museo, senza scordare ovviamente le splendide terrazze con vista sull’Hudson River, dove sono state posizionati i cubi di vetro rosso laminato di Larry Bell (Pacific Red II il nome dell’installazione) e un’opera sonora del giovane artista Zarouhie Abdalian. Tra i lavori sicuramente più riusciti di questa Biennale, troviamo l’installazione mistico-religiosa dell’artista messicana Raul De Nieves: una gigantesca vetrata multicolore, realizzata con materiali d’uso comune (carta, legno, colla, nastro adesivo e perline) che, legati assieme con meticolosa attenzione, assumono una dimensione fantastico/mistica, quasi ipnotica.

Installazione di Raúl De Nieves, "beginning & the end neither & the otherwise betwixt & between the end is the beginning & the end", courtesy Company Gallery, New York. Foto di Matthew Carasella

Samara Golden, invece, artista americana con base ad LA, affronta in modo originale il tema dello spazio, e in particolare degli spazi quotidiani, incastonando, nel lato opposto del quinto piano, una serie di minuscole stanze, minuscoli e caotici uffici, appartamenti d’atmosfera e gusto borghese, ambienti ospedalieri e carcerari. Il tutto può essere osservato da una postazione sopraelevata, con la vista del fiume Hudson sullo sfondo e con degli specchi posizionati sul soffitto e alla base dell’installazione. Il gioco di riflessi di questa variegata quotidianità risulta quindi infinito, una sorta di abisso spettacolare e allo stesso tempo ansiogeno, mescolato di rimando alle molteplici disuguaglianze economico-sociali.

Installazione di Samara Golden,

È presente alla mostra ovviamente anche molta pittura.  Nell’esplorazione della comunità afro-americana con l’artista Henry Taylor, delle molteplici sfumature dell’immigrazione con l’artista messicana Aliza Nisenbaum o con le tele ultracolorate di Carrie Moyer e Shara Hughes. “La mia pittura astratta va vissuta sia visivamente che fisicamente – dice delle sue opere Carrie Moyer, artista di Detroit con base a Brooklyn -. Le forme si spostano continuamente da una connotazione familiare ad altre sconosciute, difficilmente raccontabili ed esprimibili con parole”. Viaggiano sul tema dell’astratto anche le tele di Shara Hughes, abitate da mondi immaginari e allucinanti, raggiunti grazie anche ai suoi particolari processi pittorici.

Carrie Moyer, "Glimmer Glass", 2016; courtesy DC Moore Gallery, New York

Molto interessante anche la serie di fotografie di John Divola, denominata “Abandoned Paintings” (Dipinti abbandonati), le opere scultoree di Kaari Upson e i lavori di KAYA, ovvero del lavoro congiunto di Kerstin Brätsch e Debo Eilers, originale mescolanza di pittura, scultura e performance.

KAYA, "SERENE", 2017.  Foto di Matthew Carasella.

Alla Biennale 2017 del Whitney non vengono tralasciati poi neppure i temi della violenza, con la realtà virtuale shock di Jordan Wolfson e “Real Violence”, e dell’attivismo, con la gigantesca installazione – in parte interattiva – di Occupy Museum, il gruppo nato dal movimento Occupy Wall Street del 2011, attento a denunciare le numerose iniquità economiche e sociali e le sue connessioni finanche con istituti di cultura e arte.

Occupy Museums,  "Debtfair, 2017, Thirty artworks and interactive website".  Courtesy of the artists. Foto di Bill Orcutt

I motivi per non perdere l’edizione 2017 della Whitney Biennale sono quindi molteplici. Il valore intrinseco delle opere e la loro poliedricità artistica, l’occasione di ammirare la nuova dimora del museo disegnata da Renzo Piano e l’occasione di uno sguardo approfondito ed estremamente attuale sul clima politico-sociale americano, considerando poi la sua forte tendenza nell’influenzare di rimando l’intero pianeta.

Il Whitney Museum of American Art è aperto tutti i giorni, fuorché il martedì, dalle 10.30 alle 18. Il biglietto intero costa 25$ (22 se acquistato anticipatamente online), 18$ il ridotto. L’ingresso è gratuito per 18enni e under 18.

 

Nicola Passarotto

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Piero Armenti

Journalist, Writer, NY Urban Explorer

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