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Come è nato il tour dei rooftop di New York, e quando ho capito che ce l’avevo fatta!

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Febbraio 6 2017

Il primo ingrediente è la meraviglia. La prima volta che sono salito su un Rooftop a New York, mi trovavo in cima al 230 Fifth.

Era un venerdì sera, mezzanotte. Non fu facile entrare.

La solita fila, il buttafuori che ci selezionava duramente. Per fortuna quella notta entrai. C’era l’Empire illuminato di rosso, le palme sulla terrazza, belle ragazze, e presi un drink in mano.  Bevevo il mio Martini, e mi trovavo in cima al mondo. Quella era New York. Quella era una sensazione che tutti devono provare. E in fondo se ci penso mi viene da ridere. Questo rooftop è tra quelli su cui andiamo nel tour.

Il secondo ingrediente è la fame. Le cose al lavoro non andavano bene, l’azienda per cui mi occupavo di marketing ci aveva ridotto l’orario di lavoro. Guadagnavo veramente poco per i parametri di New York, e in questi casi ti devi far venire un’idea. Oppure devi mollare. Continuavo ad andare sulle terrazze panoramiche: se sei a New York, ci sei quanto meno per provarci. Così un mio collega di lavoro, che parla tedesco,  e si trovava nella stessa situazione, mi guardò un giorno e mi disse: Dobbiamo inventarci qualcosa. Dobbiamo. Si chiama Sanel.

Il terzo ingrediente è la passione. Il tour dei Rooftop nacque da una nostra reciproca passione verso la notte newyorkese, le belle ragazze (sì, ammettiamolo)  l’atmosfera che si respira sui Rooftop. La passione verso l’ estate e anche l’inverno newyorkese. Le luci, le vertigini, la vita. Entrare nei rooftop non era facile.  Era sempre una lotteria. Non sai mai se c’è un evento privato chiuso al pubblico, se chi organizza la festa vuole un ambiente molto selezionato. Non sai mai se piaci al buttafuori, se magari in quel momento non ti sopporta, è nervoso. Troppe cose sono lasciate a caso, e in definitiva non sai mai se entri o no. Ma noi volevamo condividere questa nostra passione con gli altri.

Il quarto ingrediente è il tentativo. Da un giorno all’altro decidemmo di crearlo davvero questo tour dei rooftop, anche se eravamo inesperti. Di passare dalle chiacchiere ai fatti. Ci guardammo negli occhi in uno Starbucks, e iniziammo una giornata indimenticabile di confronto di idee.

Bene, ci dicemmo, molti vengono a New York  per 3 o 4 notti. Camminano tutto il giorno, si perdono nei mille tragitti della metropoli, e arrivano la sera morti, distrutti in hotel. E poi cosa fanno? O mangiano un hamburger e rimangono a Times Square. Allora ci dicemmo: organizziamo la notte! Proponiamo qualcosa di diverso. Diamo la possibilità loro, per quanto stanchi, di utilizzare al meglio 4 ore della loro serata, per vedere qualcosa di magico. Senza stress. E l’idea era brillante, anche se non potevamo sapere se avrebbe o meno funzionato.  Bevemmo un ennesimo caffé, e pensammo: Se un turista in una di queste notti può vedere tre rooftop, a un prezzo accessibile. Beh… sicuramente lo farà.  Io come turista avrei la voglia di farlo.

Il quinto ingrediente è la sfida al mercato. L’idea c’era. Volevamo anche mantenere il prezzo basso, per renderlo il più democratico possibile. Iniziammo ad analizzare i competitors. Un tour notturno fatto dalle altre compagnie col pullman costava 89 $. Ed avevi solo un pullman e la guida inclusa. Noi per 69$ volevamo inserire 3 drink, uno per ogni rooftop, e un piccolo apertivo nell’attesa al punto d’incontro. Era un’impresa titanica,  ce ne rendevamo conto. Chi è andato nei rooftop di New York sa che meno di 15 dollari a drink è impossibile spendere.

Il sesto ingrediente è la tenacia! Avevamo bisogno di andare a parlare con i manager dei rooftop, spiegare l’idea, e ottenere sconti incredibilmente forti, promettendo in cambio che avremmo fatto pubblicità ai rooftop! Bisognava averne almeno sette o otto disponibili, perché spesso i rooftop sono occupati da eventi privati, e il tour devi farlo comunque. Ma chi eravamo noi? Nessuno! Fare gli accordi fu la parte più difficile. Non vi dico la quantità di risate, porte in faccia, accordi fatti e disfatti nel giro di poche ore. D’altronde eravamo semplicemente due stranieri a New York, senza molti soldi, e la nostra era una start up. Chi ci voleva prendere sul serio?

Il settimo ingrediente è la buona sorte. Per fortuna trovammo anche gente che ci ascoltò, come il proprietario di Skyroom, il secondo rooftop più alto della città. Da quel momento è stato uno dei partner piu’ onesti con cui abbiamo lavorato. Sì perché dovete sapere che fare accordi nella vita notturna è praticamente una lotta imprevedibile, con proprietari e manager che cambiano nel giro di un’ora.  Dopo tanta fatica, avevamo gli accordi. Ora però dovevamo trovare i clienti. Mettemmo su una pagina web, aprimmo una pagina facebook, e facemmo un po’ di marketing con i soldi che avevamo. La pagina si chiamava www.thenewyornightlife.com.

L’ottavo ingrediente è la speranza. Per molte settimane aspettammo la prima prenotazione senza successo. Eravamo un po’ tristi, ovviamente. Ma sentivamo che ce l’avremmo fatta. Poi un giorno arrivò la notifica. Qualcuno aveva prenotato, tra l’altro 3 ragazze australiane. Eravamo felicissimi, saltellavamo per le strade di Manhattan. Il primo tour dei rooftop fu fantastico.  In pratica non potevamo crederci. Tre ragazze australiane ci pagavano per portarle in giro a New York. Una serata magica. No, non ce le portammo a letto, se è questo che vi state chiedendo. Quella prima prenotazione però fu importante: ci fece capire che il prodotto attirava l’attenzione. Quindi ci mettemmo al telefono tutti e due per chiamare i tour operator che conoscevamo.  Intanto eravamo anche stati licenziati, e avevamo una certa urgenza di fare cassa.

Il nono ingrediente è l’America! Devo dire che per mesi fu difficile tirare avanti. Qualche prenotazione l’avevamo,  eravamo felici. Ma non potevamo pagare le bollette. Ci arrangiavamo così come potevamo. Io andavo a prendere i clienti all’aeroporto, Sanel faceva altri lavoretti.  E qui viene la grandezza dell’America. Iniziammo a telefonare a tutti i tour operator, finché il piu’ grande di tutti, senza conoscerci, senza sapere niente, ci diede fiducia. Una sola telefonata con due perfetti sconosciuti che parlavano male l’ingelse. Noi. E credetemi, queste cose in America davvero succedono!  Alla fine riuscimmo ad ottenere che il nostro tour dei rooftop entrasse nei cataloghi di Viator, che 4 anni fa era un tour operator molto esclusivo, dove era difficile entrare. Quel contratto ci salvò la pelle. Il primo mese Viator ci mandò un assegno di 20mila dollari. Ce l’avevamo fatta, ci abbracciammo, capimmo che la nostra start up aveva avuto successo. Con quei soldi potevamo vivere, organizzare i tour, farli. E soprattutto investire in marketing per crescere sempre di più.

 

Da quell’estate fa sono passati quattro anni. I numeri sono letteralmente esplosi. Da un giorno a settimana, ora lo facciamo tre volte a settimana, e l’estate prossima lo faremo cinque giorni. Tanti tour operator ci hanno aggiunto nel catalogo.  Ma la cosa che ci rende più felici e sapere che la nostra idea è stata vincente. Che abbiamo sofferto, ma con tenacia e fortuna ce l’abbiamo fatta.

 

Siamo stati intervistati da diverse Tv internazionali, siamo andati su molti programmi televisivi. Tutti parlavano ad un certo punto del tour dei rooftop, anche a New York. E il perché è semplice. Era esattamente come avevamo pensato. Se stai poche notti a New York, una di quelle ti vuoi godere la magia di New York dall’alto, e l’atmosfera che si respira. Quel prezzo ci ha permesso di rimanere in tutti questi anni senza competitor. Nessuno ha mai pensato di imitarci. E sapete perché? Perché tutti questi ingredienti non sono facili da trovare! Viva New York! Dimenticavo, lo prenotate qui!

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Piero Armenti

Journalist, Writer, NY Urban Explorer

Scopri i segreti di New York con Piero Armenti: viaggi, storie e avventure nella Grande Mela. Seguimi su Facebook, Instagram, e YouTube per non perderti nulla!

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