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Avete mai visitato il piu’ antico Jazz Club di Harlem?

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Giugno 2 2016

Di Mariagrazia De Luca

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Era il lontano 1969 quando Samuel Hargress, Jr., fondò il Paris Blues Jazz Club, in questa stessa strada, al numero 2021 di Adam Clayton Powell, Jr., Blvd, tra 121st Street e 7th Avenue. Samuel Hargress, or Sam, come è chiamato da tutti, amici e visitatori del locale, è una vera e propria istituzione qui nel quartiere e non solo. Era qui ai tempi delle proteste dei neroamericani nella fine degli anni ’70, era qui durante l’uccisione di Martin Luther King, e ha vissuto i momenti più difficili del quartiere, quando era pericoloso camminare per le strade di Harlem e ebrei e italiani, che ci vivevano a quei tempi, iniziarono a trasferirsi più downtown. I costi degli affitti erano però stracciati e Sam allora comprò questo locale, e iniziò a promuovere il jazz e i grandi artisti che popolavano il quartiere e la città. E, incredibile, tutt’oggi, niente è cambiato nel Paris Blues. Sam è sempre qui, ogni giorno, intrattenendo visitatori e incontrando amici di vecchia data ma anche i tanti nuovi. Un posto autentico che i lettori del Il mio viaggio a New York amanti del jazz e della cultura newyorkese autentica dovrebbero senza dubbio visitare.

Sam è un pezzo di storia di Harlem e della città di New York. Ha 78 anni e da ben 48 che gestiste quello che è “the Harlem’s oldest and only live jazz dive since 1969”.

Mi scuso per il lieve ritardo, ma Sam inizia subito a raccontarmi del suo locale. Emerge un profondo amore e orgoglio per questo posto che ha ospitato tanti musicisti e persone appassionate di jazz.

Abbiamo musica dal vivo ogni sera, con late night sessions che durano fino alle quattro di mattina”. Mi dice con orgoglio. “Stasera abbiamo una band dalle nove all’una, e poi un’altra fino alle quattro”.

Chiedo a Sam chi sono i musicisti che suonano al Paris Blues, e come era diverso quarant’anni fa rispetto ad oggi. “Qualche musicista dei vecchi tempi è ancora qui. Alcuni sono ormai in pensione, ma ogni tanto si fermano da noi. Alcuni fanno tour in giro e poi, magari, tornano ad Harlem e vengono a suonare al Paris Jazz”.

Chi è il più grande nome del Jazz che ha suonato da te, Sam?” gli chiedo con una certa confidenza che si è subito instaurata tra noi.

“Il più grande nome del Jazz è il mio vicino di casa! Waycliffe Gordon, (https://wycliffegordon.com ) vive qui, su questa stessa strada. A volte viene qui al Paris Blues e si siede al bar, e poi si unisce ad alcune delle mie band e inizia a suonare il suo trombone. Lui è uno che suona frequentemente al Lincoln Center, ma viene anche qui da noi, perché ci conosce da una vita”.

“Sam, come era Harlem 50 anni fa?”, non sto nella pelle per avere una testimonianza diretta di come era questo quartiere durante le manifestazioni per i diritti di uguaglianza degli afroamericani e come è cambiato fino ad oggi. Sam e il suo club sono testimone di questo e molto di più.

Il quartiere non era un posto facile dove vivere. L’uccisione di Martin Luther King, la gente era in strada a manifestare… Io ho vissuto a New York per 55 anni. Sono nato in Alabama, sono stato arruolato nell’esercito per un periodo. Mio fratello era già qui, quindi io ho deciso di raggiungerlo. Mio fratello mi ha trovato un lavoro, pensa, proprio qui, in questo locale. Ma era completamente diverso. Era gestito da ebrei e non si faceva musica dal vivo. Poi Harlem è iniziata a cambiare velocemente, non sempre per il meglio. Anzi la gente se ne andava perché qui era pericoloso, ma si potevano comprare le case a poco prezzo, ed è quello che ho fatto io. Con il sindaco Giuliani le cose sono andate migliorando. Lui è riuscito a ridimensionare il crimine nella città.”

Sam sembra vedere del positivo nella “gentrification”. Harlem, in sua opinione, è un posto ancora autentico, ed è un dato di fatto girano più soldi, e di questo ne beneficia il suo business.

“Harlem è molto meglio oggi, sì, non è mai stata meglio di così. Per me gentrification significa anche che un sacco di turisti, visitatori da tutto il mondo vengono qui. Il 60% dei clienti oggi sono turisti. In definitiva, la gentrificazione non mi dà fastidio, perché significa più soldi per me.”

Sam ci tiene a specificare che nonostante questo, il locale è esattamente identico a come era 50 anni fa.

“Io sono del Sud, right? Ecco, qui abbiamo mantenunto le stesse usanze della Lusiana. Abbiamo un free buffet e si mangia tutti insieme.”

Gli chiedo quali sono i piani per il futuro, e Sam, abbozzando un sorriso mi comunica che in circa 3 o 4 anni suo figlio erediterà il club. “Mio figlio lo gestirà per altri 40 anni, almeno questo è quello che lui dice. Ma io, finché  potrò,  starò comunque sempre qui in giro”.

“Sam”, domando prima di congedarmi “posso invitare i lettori del Il mio viaggio a New York a venire qui a Harlem per conoscerti e ascoltare della buona musica al tuo Jazz Club?”

“Sure! Ogni lunedì e martedì c’è una anche una barista italiana che lavora da me”. E quando chiedo qual è il giorno migliore per visitare il Paris Blues, senza esitazione Sam mi risponde.

“Tonight!”

Ho come l’impressione che ogni sera sia quella giusta per visitare il Paris Blues.

 

 

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Piero Armenti

Journalist, Writer, NY Urban Explorer

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