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Ecco come Harlem ha celebrato Prince

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Aprile 26 2016

 

Mariagrazia De Luca

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Harlem loves Prince. La piazza di Adam Clayton Powell, sulla 125th strada, con la statua di uno dei più popolari attivisti per i diritti degli Afroamericani a dominarla dall’alto, si riempie velocemente di persone, soprattutto abitanti del quartiere.

Un DJ sta mettendo su, una dopo l’altra, tutti i successi di Prince. La gente balla al ritmo travolgendo di Kiss, per poi commuoversi sulle note di Purple Rain.

“Prince aveva il potere sulla propria musica” afferma Carmen, una signora dal sorriso bianchissimo e capelli pettinati in tante treccine. “Non e’ mai sceso a compromessi con nessuno per vendere dischi”.

Priscilla, una ragazza sulla trentina, con origini messicane e domenicane, ma nata e cresciuta ad Harlem mi spiega perché il quartiere ama tanto Prince.

“Artisti leggendari come Prince innalzano l’orgoglio dei neri americani. Oltre ad aver rivoluzionato la musica attraverso le sue canzoni originali, lui ha lottato contro le istituzioni e corporazioni che vogliono rendere ‘schiavi’ gli artisti, privandoli della libertà di essere padroni della propria arte.” Priscilla mi ricorda quando Prince si scrisse “slave” sul volto, e fece una battaglia legale per conquistare i diritti sulla propria musica.

“La gente di Harlem ama Prince anche perché lui ha donato tanti soldi alla “black community” e fondazioni di afroamericani”.

La presenza di Prince e’ “all around” Harlem, in quell’area attorno alla 125th street e l’Apollo Theatre, che in questi giorni ha cambiato le insegne luminose solite, per dare un tributo speciale all’artista: “In honor of the most beautiful one”. Tutte le bancarelle vendono T-shirt , spillette e poster di Prince, per la prima volta nessun gadget di Bob Marley o 2Pac. La gente canticchia le sue canzoni, e soprattutto balla per le strade. “To dance!” e’ questo il modo più autentico per festeggiare Prince. 

C’e’ anche un piccolo problema tecnico durante il concerto. La musica e’ altissima, assordante. E ad un certo punto “boom”, il sistema del suono salta. Panico tra il DJ e gli altri presentatori della radio HOT 97, che si e’ occupata di organizzare l’evento “Harlem remembers “OUR” Prince”. La gente diventa subito insofferente. Il presentatore cerca di distrarre l’attenzione e fare ridere gli spettatori con battute (certo improvvisate e di poco successo!), ma ormai una folla gigantesca si riversa nella piazza e nelle strade circostanti.

“La musica di Prince si connette al dolore, alla gioia, alla rabbia, all’amore e all’oppressione che la gente vive ogni giorno”. Priscilla mi ricorda di come i neri americani e afro americani siano continuamente discriminati dalle istituzioni “razziste” che esistono in America. “I media rappresentano molto spesso i neri in una luce negativa.”

“Music! Music! Music!” la gente grida sempre più impaziente verso il palco. Il problema (forse) tecnico viene risolto in una quindicina di minuti. Pronti per ripartire, la festa e’ solo all’inizio…

You don’t have to be rich

to be my girl

you don’t have to be cool

tu rule my world…

“Sono venuta da Brooklyn per partecipare alla festa di Prince” mi racconta una signora sulla cinquantina, con un cappello a falde larghe e occhiali da sole scuri. “Anche li’ c’e’ stato un party per Prince, organizzato dal regista Spike Lee, si ballava… ma niente a che vedere con questo di Harlem. Qui c’e’ la vera festa, l’energia!

Mi viene da pensare come Harlem sia la patria elettiva di Prince, nonostante lui sia nato e cresciuto in Minnesota. E’ meraviglioso come le persone ad Harlem siano orgogliose delle proprie radici. “Quanta gente viene dal Queens?” domanda il DJ. “Quanta gente viene da Brooklyn?” in pochi rispondono. Quando il DJ domanda quanti sono di Harlem, una ondata di mani si alza verso l’alto, insieme a grida di gioia.

Harlem loves Prince. Here, in Harlem, he will live forever!

 

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Piero Armenti

Journalist, Writer, NY Urban Explorer

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