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Il migliore Jazz è a Harlem. Ecco dove

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Novembre 14 2015

 

di Mariagrazia De Luca 

[email protected]

Anno 1920. Harlem. Swing Street, ossia l’area della 133rd street, tra 7th e Lennox avenue: siamo nel “hot spot” del jazz mondiale. Se è vero che il jazz nacque a New Orleans, è a Harlem, a Swing Street che si è sviluppato. Durante la Jazz Age c’erano solamente in questa strada almeno 20  jazz club, cabaret, night club e ‘speakeasy’. Siamo durante l’epoca del Proibizionismo e la città pullula di speakeasy, bar che vendono liquori sottobanco. Letteralmente, ‘speak-easy’: parla piano… che altrimenti ci arrestano!

Con l’abolizione del Proibizionismo (1933) e la prima ‘racial riot’, rivolta razziale di Harlem (1935), Swing Street è entrata in una fase di decadenza. Tanti posti hanno chiuso, ma molti negli ultimi decenni hanno riaperto i battenti, cercando di recuperare quello che era lo spirito originario.

Siete pronti per un’avventura nell’Harlem di gangstars, speakeasy e leggende del jazz della Jazz Age? Seguitemi…

 

PARIS BLUES JAZZ CLUB

 2021 Adam Clayton Powell Jr Blvd

Samuel Hargress, il fondatore di Paris Blues veste sempre elegante, con completo anni ‘40, giacca e pantaloni a strisce bianche e azzurrine e cappello stile godfather. Nonostante abbia quasi 80 anni, non li dimostra affatto. Lo trovi ogni sera al Paris Blues, uno dei più antichi jazz club di Harlem. La bartender, una donna sulla cinquantina, ti accoglie sorridente, e ti chiede al momento di pagare: “Quante birre hai bevuto?”, completa fiducia, ma si paga solo cash, la macchina per i pagamenti credit card non funziona. In un angolo c’è un vecchio jukebox, varie foto di Samuel Hargress, molte in bianco e nero, attaccate al muro, uno scaffale con libri, giochi da tavola, oggetti che sembrano provenire da qualche mercatino delle pulci. I musicisti che si susseguono nelle Jam Session, sono anche clienti abituali del club. Una grande family che si ritrova nel bar del quartiere con gli amici. Ma non lasciatevi ingannare dall’ambiente informale, può darsi che l’anonimo signore seduto accanto a voi al bancone del bar sia una vera leggenda del jazz, e ad un certo punto si alzi per unirsi alla band che sta suonando live a due passi da voi. E’ successo a me, un insospettabile signore sulla cinquantina seduto al bar, vestito casual, ad un certo punto, a seguito di un cenno di un saxofonista, si è alzato e si è unito alla band. Aveva una voce profonda da riscaldare i cuori. No cover e free food al Paris Blues. Ci si serve da soli da una grande pentola elettrica, posteggiata su un tavolo di fronte al bar. Riso, pollo e fagioli a volontà.

 

SHRINE WORLD MUSIC VENUE

 2271 Adam Clayton Powell Jr Blvd

Shrine è un altro punto di ritrovo della comunità afroamericana e non solo, da quando nel 2007 ha aperto nel quartiere di Harlem. L’ambiente è super cool, con le copertine vintage e i vinili attaccati al soffitto e sui muri. A Shrine, definito “The Black United Fun Plaza”, oltre ai concerti, vi sono proiezioni di film, spettacoli di danza, esposizioni artistiche. I musicisti vengono da ogni tipo di background: jazz, indie rock, reggae, hip hop, bossanova, afrobeat. L’entrata non si paga, e la qualità della musica è quasi sempre al top: tanti habitué ritornano tutte le sere, e c’è sempre chi si butta in pista di propria iniziativa mentre una band suona dal palco coloratissimo. Potete gustarvi un concerto (o una partita dei Mets, trasmessa in diretta da un grande televisore), sorseggiando un mango mojito, o un Afro Trip, un cocktail originale di Shrine, fatto con rum giamaicano o brasiliano, succo di limone verde e birra ginger. Il cibo servito è un mix di stile africano e americano: da provare, Afro Chicken, pollo grigliato con riso o cuscus.

 

BILL’S PLACE

148 West 133rd Street

Billie Holiday debuttò qui all’età di 17 anni, nel Bill’s Place, l’unico “speakeasy” rimasto dagli anni ’20: al numero #148 di 133rd street, nel bel mezzo di quello che era la leggendaria Swing Street. E’ ironico, che pur vantando un passato di autentico bar dove si vendevano illegalmente alcolici, oggi a Bill’s Place non se ne vendano più, neppure legalmente. The Harlem Jazz King, il saxofonista Bill Saxton, suona e conduce il Harlem All Stars. Bill Saxton sembra che sia l’unico vero “black musician” nato e cresciuto qui nel quartiere di Harlem, ma che ha poi girato il mondo intero inseguendo le note magiche del suo sax. Prenotate online sul sito del Bill’s Place per assistere al Harlem All Stars di Bill Saxton.

 

GINNY’S SUPPER CLUB

310 Lennox Avenue

Localizzato al piano di sotto del famoso ristorante Red Rooster (il cui chef è niente di meno che Marcus Samelsson, il cuoco che ha cucinato alla prima cena di Stato dell’amministrazione Obama come ‘guest chef’, per intenderci…), il Ginny’s Supper Club ha tutta l’atmosfera della Harlem degli anni ‘20. I cocktail sono creativi e il soul food autentico. Potete provare un Mac&Greens o Maple-Mustard Roasted Salmon o anche un Three pepper Steak. Oltre a concerti jazz, in calendario al Ginny’s Supper Club ci sono gospel, dj’s sets, commedie. Nei fine settimana, Gospel Brunch ($39.95): un buffet che include dolci, hamburgers e un coro Gospel di cantanti professionisti.

 

MINTON’S

206 West 118th Street

“Una leggenda del Jazz è risorta!”, in molti hanno tirato un sospiro di sollievo in occasione della riapertura di Minton’s nel 2013. Il jazz club era stato fondato nel lontano 1938 dal saxofonista Henry Minton, famoso per aver contribuito alla creazione del bebop, il modern jazz, attraverso le Jam Session che organizzava nel club. Miles Davis, Charlie Parker, Luis Amstrong, Dizzy Gillespie, tra i tanti, erano dei frequentatori assidui del Minton. A quanto sembra i musicisti potevano mangiare soul food gratuitamente, e in cambio suonavano con la “house band”, una band che amava l’improvvisazione, l’utilizzo di progressioni di corde stravaganti, accordi non prettamente classici, melodie innovative e suoni nuovi e radicali. Ecco che è nato il bebop, questo nuovo stile jazz, nell’incontro di grandi talenti e soul food al Minton’s. Questo jazz club ha avuto una storia travagliata. Ha chiuso una prima volta dopo 30 anni di attività. Nel 2006 ha poi riaperto i battenti, sotto il nome di Uptown Lounge at Minton’s Playhouse. Dal 2010 ha chiuso di nuovo, per riaprire definitivamente due anni fa. Oggi Minton ha un aspetto chic, dove l’antica cultura afroamericana dell’Harlem degli anni ’20, si mescola ad un’atmosfera più sofisticata e formale. Se decidete di trascorrere una serata al Minton’s, curate il vostro abbigliamento. Il “dress code” richiesto è “dress sharp, not flat”, quindi cosa significa? A voi l’interpretazione, io opterei per camicia e pantaloni per gli uomini, vestito elegante-casual per le donne. Eviterei le Converse e i jeans strappati che avete indossato all’ultimo concerto rock a cui siete stati, per intenderci.  Nei fine settimana si paga $25 a persona per sedersi a un tavolo, e due drink minimum sono richiesti per chi si siede al bar.

 

GIN FIZZ

308 Malcolm X Blvd

Varcare le soglie del Gin Fizz è come fare un salto nell’atmosfera favolosa dell’Harlem elegante, sexy, e fumosa della Jazz Age: luci soffuse, candelabri ai tavoli, sedie ricoperte di velluto nell’elegante lounge. Sul palco si alternano cantanti, musicisti, e anche poeti. Ogni primo venerdì del mese suonano i Soul Understates, una band che mescola tante influenze musicali diverse, tanto da essere stata definita la band più “dinamica” dai tempi del Motown era: un mix di soul, jazz, funk, gospel. Di giovedì  si susseguono “The Harlem Sessions”, con il grande pianista e compositore di fama internazionale Marc Cary. Godetevi buona musica mentre sorseggiate un cocktail classico o, per provare qualcosa di unico, un afrodisiaco Spicy Thing (jalapeno infused tequila, vodka alla pesca, succo di limone verde e rosmarino). Gin Fizz e’ “real Harlem!”.

 

APOLLO THEATER

253 West 125th street

Apollo Theater? Cosa aggiungere di più riguardo a questa “music hall”, epicentro della cultura afroamericana mondiale. Molti dei più grandi artisti del pianeta sono passati per di qui: Billie Holiday, James Brown, Diana Ross, The Supremes, The Jackson Five, Marvin Gaye, Stevie Wonder, Mariah Carey, Jay-Z sono solo alcuni dei performers dell’Apollo. L’artista Ella Fitzgerald ha debuttato all’Apollo nel 1934, all’età di 17 anni e Jimi Hendrix vi ha vinto nel 1964 il “Amateur Musician Contest”. E pensare che prima del 1934, quando l’Apollo è stato di fatto fondato, l’edificio ospitava un New Burlesque Theater, dove era proibito l’accesso ai neri: una “white only venue”. L’Apollo è un’istituzione vera e propria ad Harlem, che organizza eventi e attività rivolte a bambini, scuole, artisti del quartiere. Harlem Week è, ad esempio, un evento annuale che celebra la cultura afro-americana, ispanica, caraibica ed europea, con biglietti a metà prezzo per i residenti.

L’Apollo Theater è soprattutto il sogno di molti artisti che vogliono diventare delle leggende. Ecco, mi è capitato un giorno che, mentre passeggiavo per il quartiere mi sia imbattuta in una fila lunghissima di giovani e meno giovani, di cui non riuscivo a vedere ne’ l’inizio ne’ la fine. “Auditions” mi ha spiegato una ragazza con una chitarra in mano, che era in coda dalle 5 di mattina. Per un’audition all’Apollo, centinaia di ballerini, attori, cantanti, commedianti, musicisti, sognatori di ogni tipo erano in fila per ore ed ore.

In bocca al lupo! Ho detto alla ragazza. Lei mi ha sorriso, mentre alzava lo sguardo verso la scritta enorme del teatro in lontananza, grandi lettere rosse in verticale. A-P-O-L-L-O.

 

 

 

 

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Piero Armenti

Journalist, Writer, NY Urban Explorer

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