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Quindici categorie di italiani che incontrerete a New York

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Gennaio 31 2015

New York è una metropoli, si dice, per ricchi o disperati, ed è proprio all’interno di questa forbice che troverete tutti gli italiani che arrivano qui. Ma andiamo con ordine.

  • Turisti. Se passeggiate per Manhattan, vi renderete conto che ci sono tanti italiani. Molti sono turisti, che rimangono dalle 4 alle 10 notti. Ed è questo il nucleo più corposo delle presenze a Manhattan. I turisti. Di solito, d’estate, si riconoscono perché sono abbronzati più della media ( i newyorkesi, poi, non si abbronzano per niente). Se sono in coppia, spesso in viaggio di nozze, coordinano l’abbigliamento. Che è in genere da “mare”, anche se a New York non si va al mare.
  • Camerieri. Soprattutto nei ristoranti italiani vi è una quantità incredibile di camerieri italiani, molti non potrebbero lavorare, perché non hanno il permesso. Ma lo fanno. E spesso rimangono anche come clandestini. D’altronde possono guadagnare 4000 dollari al mese, e non avendo una specifica formazione, in Italia non potrebbero ambire ad altro, che a fare i morti di fame. Per loro New York è la salvezza.
  • Studenti MBA. Di genitori benestanti, o ricchi, decidono di inserire nel curriculum un bel macigno che possa fare la differenza nel mercato del lavoro. In genere è l’MBA, ma non solo: ci sono tanti master di alto livello, magari in università prestigiose come la Columbia o la NYU.  Sono tanti, e sono pronti a far carriera, e a scalare le vette del paradiso.
  • Imprenditori della ristorazione (alias pizzettari). Il sogno di tutti: aprire una pizzeria a New York. In molti lo fanno, e gli va bene. Non sono numericamente tantissimi, però sono molto presenti nella vita newyorkese, perché fanno quello che un americano si aspetta da un italiano: cucinare. 
  • Creativi. Sono tantissimi, in questa categoria io inserisco tutti: gli aspiranti (o affermati) artisti, attori, giornalisti, scrittori, musicisti, architetti, designer, parrucchieri,  fotografi, disegnatori di moda, galleristi, registi. Insomma un nucleo immenso di giovani che ha una forte aspirazione creativa, e qui cerca la propria America. Spesso però non hanno soldi in tasca, vivono in case insalubri, e lavorano nella ristorazione o portano i cani a passeggio. Alcuni ce la fanno. Ma solo alcuni.
  • Creativi, ma con i soldi di papà. Come quelli di sopra, solo che i genitori li mantengono, vivono in un appartamento carino a Williamsburg, e fanno una vita decisamente discreta, anche se poi, liberati dall’obbligo di lavorare, hanno troppo tempo per pensare, e affrontano profonde crisi esistenziali. Saranno per questo artisti veri?
  • Impiegati nelle grandi imprese italiane. Soprattutto nel campo dell’alimentazione, e della moda, ci sono tantissimi italiani che lavorano per grandi aziende, o anche medio piccole ma con forte vocazione all’esportazione. Sono la parte più seria della presenza italiana a New York. Anche se in genere appaiono insoddisfatti: vorrebbero indipendentizzarsi, ma non sanno come.
  • Professionisti. Lavorano in finanza, in banca, come avvocati, come architetti, come immobiliaristi, o come consulenti per qualche grande firma. Se sono uomini, parlano solo di figa. Pur non avendo talento creativo, girano come trottole da un evento all’altro, dalla nuova galleria al ristorante a cui non puoi mancare. Dalla ultimissima mostra del MoMa, al rooftop per gente cool. Sono sempre aggiornati e aggioranti, e amano frequentare artisti squattrinati.
  • Gente ricca che viene qui a fare poco o nulla. Se non godersi la vita, la bellezza e la grandezza di New York. Se glielo chiedi, danno risposte abbastanza evasive.
  • Studenti di inglese. Soprattutto dopo la laurea un gran numero di studenti italiani vengono qui, per un periodo dai tre mesi a un anno, per migliorare l’inglese. E spesso lavoricchiano anche come promoter per le discoteche o nei ristoranti, o come babysitter. 
  • Innamorati. In genere arrivano a New York per amore, hanno conosciuto un americano o una americana, e si vogliono sposare. Per davvero, non come quelli che lo fanno solo per la green card.   Non hanno particolari ambizioni lavorative o professionali, e sono qui solo per amore. Puntano a fare una famiglia. Poi divorziano. (haha, no dai, scherzo).
  • Gli affittacamere. Molti italiani vivono subaffitando camere ai turisti. Sarebbe vietato, ma amanti del rischio, lo fanno.
  • Famiglie allargate. Come gli innamorati, molti vengono qui perché in Italia non sanno cosa fare, a parte guardare i film su Sky Cinema. E cacciano dal cilindro qualche parente americano, di cui avevano perso le tracce, da cui vengono a passare il tempo. Parenti che però non vivono a Manhattan, ma in culo al mondo. Magari nel New Jersey. In genere vengono trattati come Vip, passano da un’abbuffata all’altra, imparano uno strano linguaggio misto tra un dialetto italiano, l’italiano, e l’inglese (aghabid sarebbe “hai capito”, e non è arabo. E’ italiano) . Dopo un po’, si annoiano. E cercano di emanciparsi, e rientrano nella categoria dei camerieri. Senza arte né parte, e come direbbe Nino d’Angello, senza giacca e cravatta.
  • Emigranti. Tutti quelli di cui vi ho parlato sono italiani autentici, che arrivano a New York adesso, o sono arrivati recentemente, diciamo negli ultimi 10/15 anni. Ma qui conoscerete tanti italiani che sono emigrati 30/ 40 anni fa. E oramai hanno più di 60 anni. Gente che ha lavorato tutta una vita, e molto generosa. Purtroppo i loro figli non sono all’altezza, e qui arriviamo all’ultima categoria.
  • Guidos. Sono i cafoni, seconda o terza generazione di italoamericani. No, per carità non sono tutti così, anzi molti sono professionisti per bene e affermati, anche bravi politici (Cuomo, Giuliani, Di Blasio). Ma a New York ha raggiunto una fama epica la componete tamarra, volgare, cafona. Macchinoni, muscoli, abbronzatura, catene d’oro, che nascondono un forte tradizionalismo del tipo Dio, Patria, Famiglia e “la fessa”, come direbbe Gep Gambardella. Sono generosi come i padri, per carità nessuno lo discute.  Si sentono italiani come te, anche se in Italia ci sono stati una sola volta, e hanno passato tutto il tempo in qualche paesino sperduto della Calabria. Di italiano conoscono solo Galamad (calamari), Bragiol (Brasciole), Prosciutt (Prosciutto). Del Piero e Totti.  Ma ritengono che la loro Italia sia quella vera, e non la tua, che dall’Italia vieni, ci hai vissuto e hai studiato. Ma forse hanno ragione. Ognuno ha quella che si merita (di Italia).

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Piero Armenti

Journalist, Writer, NY Urban Explorer

Scopri i segreti di New York con Piero Armenti: viaggi, storie e avventure nella Grande Mela. Seguimi su Facebook, Instagram, e YouTube per non perderti nulla!

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